22 gennaio 2012

L'Arte dell'Avventura (6)


Un triangolo d’identità

“Che grammatica bizzarra!” disse Holmes con un sorriso restituendo il foglio all'ispettore. “Avete notato come «lui» improvvisamente è cambiato in «io»? Lo scrittore era così preso dalla propria storia che, nel momento culmine, si è immedesimato completamente nell'eroe.”
— Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), Three Gables.

In libri come questo, la parola "protagonista" è abusata. Vi sono almeno tre identità coinvolte nel gioco: la persona che digita e legge ("giocatore"), il personaggio principale all'interno della storia ("protagonista"), e la voce che racconta ciò che questo personaggio vede e sente ("il narratore"). Vi è un triangolo di relazioni tra di esse, ed è un triangolo le cui proporzioni variano notevolmente a seconda del gioco.

1. Protagonista e giocatore. “Cosa dovresti fare tu, in qualità di detective, adesso?” domanda apparentemente The Witness al primo turno. Molti giochi (Zork, per esempio) si comportano come se chiunque si presenti davanti alla tastiera possa giocare, come se stesso, a prescindere dal sesso e dalle attitudini. Questo significa far corrispondere perfettamente il giocatore al personaggio protagonista, rendendoli praticamente la stessa cosa. A volte la corrispondenza è prevista veramente: Leather Goddesses of Phobos fa caso a quale gabinetto il giocatore sceglie di far andare il protagonista e stabilisce il sesso del protagonista in base a questa scelta. Seastalker (Stu Galley e Jim Lawrence, 1984), gioco indirizzato ad un pubblico più giovane, chiede il nome del giocatore e poi lo assegna al protagonista. All'estremo opposto troviamo il sottovalutato Plundered Hearts di Amy Briggs (1987), che ha per eroina una particolare ragazza rapita dai pirati nelle Indie Occidentali. Nella sua recensione su SPAG n.4, Graeme Cree scrive che:

In Zork sei solo un tipo anonimo che passeggiava nei pressi della casetta bianca. Non hai alcuna personalità particolare, né una storia precedente. Planetfall fa uno sforzo per dipingere il tuo personaggio fornendoti un suo diario, ma è una caratterizzazione superficiale ... Plundered Hearts, più di qualsiasi altro gioco, mi ha dato la sensazione di essere davvero all'interno della testa di qualcun altro. Lungo il gioco, la caratterizzazione del tuo personaggio riveste una parte importante. Camuffare la propria identità e modificare il proprio aspetto è importante in diversi punti al fine di suscitare la reazione desiderata da parte di altri personaggi...

Entrambi gli approcci presentano delle difficoltà. Se il protagonista non è caratterizzato, la storia potrebbe mancare di interesse letterario. Se pesantemente definito, il protagonista sarà con ogni probabilità diverso dal giocatore e questo rischia di fare scemare il suo senso d’immedesimazione.

↯ Sono pochi i giocatori a cui è dispiaciuto diventare il Reverendo Stephen Dawson, l'ecclesiasta di mezza-età di Muse, an Autumn Romance (Christopher Huang, 1998), il cui comportamento è limitato dai suoi blocchi emotivi. Ma vi sono giocatori che non riuscirebbero ad identificarsi con un protagonista omosessuale. In generale, questo è un problema loro, e non del gioco, ed è per loro che Neil James Brown scrisse la sua pungente parodia The Lost Spellmaker (1997), l'exploit di Mattie, un agente lesbica e nana dei servizi segreti con la dipendenza dai dolci.

In un medium interattivo, ciò che conosce e ciò che sa fare il personaggio protagonista sono più di un semplice sfondo scenico dal momento che vi partecipa il giocatore. Queste abilità speciali possono essere chiamate la "magia" nel mondo del gioco, nel senso più ampio del termine:

Per la magia così come per la scienza pratica, il problema è come sottomettere la realtà ai desideri dell'Uomo. (C. S. Lewis, The Abolition of Man.)

Per esempio, in `The Witness' si può dire che la magia consista nell'abilità del detective di dichiarare in arresto un altro personaggio non giocatore, o di chiamare la scientifica, ed in Ruins abbiamo la macchina fotografica ed il baule. La magia è il tessuto immaginario del mondo, ed è altrettanto essenziale per la magia avere una ratio coerente quanto lo è per la mappa di indicare una geografia coerente.

Dal momento che la magia è parte dell’ambiente, non bisognerebbe consentirle di diventare un mezzo troppo semplice di risolvere puzzle. Un'incantesimo per "aprire le porte" dovrebbe essere una tecnica generale, con svariate applicazioni diverse lungo il gioco. Ancora meglio, queste tecniche dovrebbero essere utilizzate indirettamente e con ingenuità, per esempio per aprire una porta chiusa a chiave si potrebbe lanciare un incantesimo "fai arruginire" sui suoi cardini. E molti puzzle dovrebbero avere soluzioni che non coinvolgano per nulla la magia, altrimenti il giocatore inizierà a pensare che potrebbe risparmiare un sacco di tempo e sforzi trovando semplicemente l'incantesimo per "vincere il gioco" e farla finita.

↯ In alcuni giochi, pochi a dir la verità, il surrealismo linguistico è la realtà: per esempio `Nord and Bert Couldn't Make Head or Tail of It' (Jeff O'Neill, 1987) è basato interamente su battute umoristiche e la Macchina Elimina-T di `Leather Goddesses of Phobos' può trasformare un coniglio (rabbit) in un rabbino (rabbi). Un critico letterario potrebbe definire questo come magia "postmoderna", in cui il linguaggio viene dislocato da quanto accade "realmente" nel gioco. Sono meccaniche estramente difficili da realizzare bene.

I giochi con la magia nel senso autentico del termine nella narrativa fantastica, raramente seguono l'esempio austero di Tolkien, dove -- nonostante vi siano incantesimi, come quando Gandalf nel (libro) The Hobbit da fuoco alle pigne -- il personaggio dello stregone è più spesso una specie di prete con l’abilità di indagare le ragioni di ciò che la gente dice o un simil-saggio sapiente in materia di natura e storia. Invece, forse per un parsing semplice ed una conveniente suddivisione o forse semplicemente per imitare il gioco di ruolo Dungeouns and Dragons di Gary Gygax, l'interactive fiction ha tendenzialmente seguito le storie Dying Earth (c. 1950) di Jack Vance² dove gli incantesimi sono al contempo gesti drammatici ed ostentati, esercizi mentali complessi che devono essere memorizzati, e strumenti altamente specifici con nomi eccentrici come `Xarfaggio's Physical Malepsy'' e ``The Excellent Prismatic Spray''. Molti schemi magici sono stati provati, e naturalmente ogni sviluppatore vuole trovarne di nuovi. A volte gli incantesimi hanno luogo nella mente (Enchanter), a volte con l'aiuto di specifici oggetti (Curses); a volte sono una via di mezzo (Level 9's `Magik' games, David Williamson and Pete Austin, 1985±6). Talvolta accordare la magia agli oggetti è vantaggioso poiché gli oggetti sono tattili e parte del resto del gioco. Per altri aspetti, la magia necessita di essere disciplinata per essere facilmente suddivisa e descritta. "Cambia la cintura o il bastone in un piccolo serpente velenoso" è molto più riconducibile allo sviluppo del gioco (ed al parsing) che non "converti fino a 1000 piedi cubici di roccia in fango o sabbie mobili".

Se la mappa è molto estesa, o se sono richiesti molti spostamenti da una parte all’altra della mappa, gli autori hanno spesso impiegato la magia per fornire un sistema di trasporto rapido: come le parole magiche in Advent, o i collari con otto codici di colori in Dungeon Adventure, o le cabine di teletrasporto in Planetfall ( (Steve Meretzky, 1983), o i punti bianchi e neri in Adventure Quest' (Mike, Nick and Pete Austin, 1984, 1983). Scoprire e dedurre come utilizzare questi sistemi di trasporto può essere un enigma di per sè, di quelli la cui soluzione è facoltativa ma gratificante.

2. Narratore e protagonista. Alcuni narratori si comportano come un “neorealista" francese, riferendo cioè solo ciò che il protagonista vede e fa in quel momento. Altri, godono descrivendo ciò che il protagonista pensa e crede:

Zia Jemima ha due gatti, Jane e Austin, ma considera Austin particolarmente fastidioso -- questo dovrebbe fare di Austin il tuo alleato naturale, ma di fatto vi guardate in cagnesco.

Qui il narratore di ‘Curses’ (Graham Nelson, 1993) informa il giocatore che al protagonista non piace qualcuno. In un gioco diverso, questo lo si sarebbe potuto appurare attraverso degli eventi, mostrandolo anziché dicendolo. Effettivamente, la relazione con Austin sarebbe potuta essere neutrale finché non fosse stata altrimenti stabilita dalla scelte del giocatore.

E' il narratore a raccontare le parole d'apertura del gioco, a volte chiamate "overture" e convenzionalmente usate per raccontare che tipo di persona sia il protagonista, e ciò che sta cercando di fare. Le introduzioni variano parecchio tra loro rispetto sia per franchezza che per onestà. Molte, come in Curses, lasciano che il giocatore tiri a indovinare o lo ingannano per prenderlo in giro. Questa è una reazione contro lo stile delle overture degli anni '80, esemplificate da Snowball (versione originale):

Il freezer interstellare, Snowball 9, è entrato nel suo sistema stellare di destinazione. E presto entrerà anche nella stella se non riesci a fare qualcosa!

Una simile franchezza era di per sé una necessità considerato che i giocatori dell'epoca si aspettavano che qualsiasi gioco fosse una caccia al tesoro fino a prova contraria. Le introduzioni dei giochi di ricerca divennero piuttosto scontate: qui abbiamo `Enchanter' (Marc Blank and Dave Lebling, 1983):

Sei uno Stregone novizio con solo qualche semplice incantesimo nel tuo Libro, devi trovare Krill, esplorare il Castello che ha usurpato, ed apprendere i suoi segreti. Solo allora il suo grande e malvagio....

E via dicendo. Ciò che rende queste prefazioni deludenti è in parte il fatto che spesso si dilungano oltremodo e sono zeppe di parole come "terrore" e "imbevuto", e/o si prendono troppo sul serio oppure, che è peggio, non lo fanno. Qui di seguito riporto circa un quarto dell'overture, o testo d'apertura, di `Beyond Zork' (Brian Moriarty, 1987), un gioco che non voleva essere una commedia:

La risatina asciutta di Y'Gael zittì il mormorio della folla. "Ti dimentichi della tua storia, Gustar. Non sei tu l'autore della pergamena definitiva sulla Noce di Cocco di Quendor?"
Un tumulto di gracidanti strilli anfibi affogò la replica di Gustar. Y'Gael claudicò verso un tavolo soverchiato di manufatti mistici, vi selezionò un piccolo nocciolo e lo levò in alto.
"La Noce di cocco è la nostra unica speranza," sentenziò piangendo, i suoi occhi rilucenti nell'aura violetta del nocciolo. "I suoi semi incorporano l'essenza della nostra saggezza. Il suo guscio è impervio e lo ripara dai danni del Tempo. Dobbiamo reclamarlo dagli Implementatori, e nasconderlo prima che i suoi segreti vengano dimenticati!"

Auto-indulgente, auto-parodiante, floscio, narrato al passato, poco interattivo e sostanzialmente sciocco. Se Moriarty percepiva che i giochi del tipo caccia al tesoro erano oramai inflazionati, una risposta migliore sarebbe stata quella di ristrutturare il gioco stesso, non di consentire al narratore di mostrare disdegno per essa. L'overture dello stesso autore, in Trinity, è stata, per contrasto, rifinita alla perfezione:

Parole taglienti tra le superpotenze. Carriarmati a Berlino Est. E ora, riporta la BBC, si vocifera di un blackout satellitare. E' quanto basta a rovinare la tua colazione all'europea.
Ma il mondo dovrà attendere. Questo è l'ultimo giorno del tuo pacchetto London Getaway da $599, e sei determinato ad assorbire quanto più possibile questa atmosfera autenticamente inglese. Perciò ti sei lasciato dietro il bus turistico, hai gettato la macchina fotografica e sei fuggito a Hyde Park per una passeggiata contemplativa tra i Giardini di Kensington.

In questi due paragrafi sono stati raggiunti molti obiettivi. A parte i dettagli -- il menzionare la BBC, la colazione all'europea, la macchina fotografica e il bus turistico -- sapete chi siete (un turista americano poco avventuroso, senza conseguenze sul mondo), dove vi trovate (Kensington Gardens, Hyde Park, Londra, Inghilterra), e quel che succede nel resto del mondo (brutte notizie: sta scoppiando la terza guerra mondiale). Inoltre, nessuno sa dove siete andati. Nello stile, l'apertura di ‘Trinity’ è una fuga da un mondo disastroso e fuori controllo, e notate il modo in cui il primo paragrafo è in frasi cariche di tensione, smussate, come titoli di giornali, mentre il secondo è molto più rilassato. Per un secondo esempio, prendiamo ‘Ballyhoo’:

Mentre ti trascini fuori, sulla scia della folla in uscita, torni con la mente al pomeriggio . La tua esperienza del circo, con le sue squillanti promesse di divertimento e meraviglia che non sono sfociate in nient’altro che in disappunto, è stato come affondare i tuoi denti in una mela caramellata il cui frutto è marcio.

Non importano i prezzi oltragiosi, il posto abbarbicato come in cima al Mt. Everest, la propaganda pseudo comunista, il pubblico più selvaggio del leone in scena.  E non è stata la meschinità delle esibizioni stesse che ti ha inacidito su Spangleland. No,  semplicemente il circo ti ricorda il tuo desiderio irrazionale di rubare la scena, di sconfiggere la morte, e di crogiolarti in un mare di applausi.

Molti giocatori non avranno alcun desiderio simile: ma il narratore non sta parlando del giocatore, ma solo del personaggio protagonista.

↯ Altre e più dettagliate informazioni di partenza, se fossero necessarie, possono essere poste interattivamente all’interno del gioco e non necessariamente fornite tutte assieme all’inizio: per un esempio guardate i libri della libreria di ‘Christminster’ (Gareth Rees, 1995)

3. Giocatore e narratore

Il narratore sceglie quanto raccontare al giocatore e quali scene mostrargli. Quando il gioco passa ad una scena cinematografica, un passaggio del testo in cui accade qualcosa senza che il giocatore possa interagire con essa, è perché il narratore ha scelto di prevaricare il giocatore. Gareth Rees (Usenet, messaggio dell’  8/8/95):

Scelsi di non usare questa tecnica, in parte perché ritengo sia un'ammissione di sconfitta, una dichiarazione che il medium delle avventure testuali non è abbastanza flessibile per scrivere il tipo di interazione col personaggio che vorremmo.

Le scene cinematografiche rischiano di diminuire il coinvolgimento del giocatore con il gioco, ed il livello di fiducia tra il giocatore e il narratore. Alla fine di un gioco di successo, il narratore può prendere rischi maggiori, sfruttando l'amicizia -- per così dire. All'inizio, e specialmente nel testo di apertura, il narratore farà meglio ad evitare scene cinematografiche e presunzioni. Thomas NIlsson consiglia agli sviluppatori di:

Creare un’immagine di lui [il narratore] e aderirvi. Ricevere commenti sul vostro (limitato) progresso nel gioco può essere divertente, fin tanto che non sono fuori dal personaggio.

Effettivamente molti narratori sono silenziosi e poco intrusivi fin tanto che il giocatore segue la “giusta” linea di scelte, ma emergono immediatamente con commenti sarcastici e sardonici una volta che il giocatore si discosta da tale linea. Le frasi più piccole tradiscono immediatamente tale atteggiamento:

>saluta
Saluti, ma nessuno ti risponde. La vita è così.

>guarda dietro la tenda
No, nessun’altra chiave.

Stai cadendo verso il terreno, il vento ti sferza il corpo..
>est
Giù sembra più probabile.

Austin, il tuo gatto fulvo e incorregibile, poltrisce qui intorno.
>austin, vai a sud
Capisco che non hai mai avuto un gatto.

`Kingdom of Hamil'; `Sorcerer'; `Spellbreaker'; `Curses'. Non è una coincidenza se tutte queste risposte siano spesso degli scherni ai progressi del giocatore. Come il giocatore, ma diversamente da ogni altro personaggio nel gioco (incluso il protagonista), il narratore sa che si tratta di un gioco: è il narratore che stabilisce le regole, i punti di ricompensa e che offre degli indizi. Il passaggio di `The Hitchhiker's Guide To The Galaxy' citato nella precedente sezione:

Ford abbassò la sua voce ad un sussurro: “Non dovrei dirtelo, ma non riuscirai mai a terminare il gioco senza consultare la Guida su un sacco di roba.”

è divertente, se lo è, perché Ford sta usurpando il compito del narratore. Nessuno  si strapperebbe i capelli per l’alternativa più convenzionale:

Ford ti passa il libro e se ne va.
[Per favore digita ``consulta la guida su Argomento'' per avere informazioni sull’argomento.]

Effettivamente in alcuni giochi si potrebbe dire che il parser, che pone domande come “Cosa intendi?” e che in alcuni giochi parla solo attraverso parentesi quadre, è un quarto personaggio, piuttosto differente dal narratore.

Fare dei giochi di parole con il narratore è una delle tecniche comiche preferite da Steve Meretzky. Qui in un esempio più moderato e tipico:

(Nessuna meraviglia che questa sezione di Marte è considerata la Capitale dei Castelli in Rovina del Sistema Solare.)

Più moderato, anche in `Leather Goddesses of Phobos' come si può intuire dalla necessità delle parentesi. E’ solo nelle parodie che il narratore se ne esce fuori con commenti in ogni occasione.

↯ E’ una tattica comune per gli autori di giochi giovanili e stupidi, che sperano così di suggerire al giocatore che dal momento che il gioco conosce i suoi difetti è quindi più sofisticato, più maturo. Ma raramente lo è. Cf. i numerosi pasticci che intendo essere parodie di “Zork”, o Big Al’s ‘BJ Drifer’ (1998).


RIFERIMENTI
Per sondaggi sui numerosi tipi di approcci all’identità del giocatore nei giochi classici, vedete `Character Gender in Interactive Fiction', parti I e II, di Doug Anderson (XYZZYnews 3 e 6) e `Player Character Identity in IF', John Wood (XYZZYnews 9). Notevoli ambiguità sul sesso sono presenti nella trilogia “Snowball”, il cui protagonista si chiama Kim Kimberley, e in `Jigsaw', che tenta di inserire una sotto trama romantica senza specificare il sesso dei personaggi in nessuna parte. Nell’aldilà, W. H. Auden (1907±73) considerava le identità fantasma che narravano un poema essere uno dei suoi due regali al lettore: ``La prima domanda [chiede il lettore] è tecnica: `Ecco un’aggeggio verbale. Come funziona?' Il secondo è, nel suo senso più ampio, morale: `Che tipo di gente abita questo poema?' ''

² Sebbene Dave Lebling citi il racconto Earthsea di Ursula K. LeGuin come principale ispirazione di `Enchanter'.

17 gennaio 2012

Locusta Temporis


Pochi giorni prima di Natale Quinta di Copertina, la prima casa editrice italiana specializzata in ebook interattivi, ha pubblicato Locusta Temporis come applicazione iOS per iPhone ed iPad. Locusta Temporis è l'ultimo gioco scritto da Enrico Colombini ed era già stato pubblicato tempo fa in formato pdf ed ePub.

L'iPhone è diventato da un anno a questa parte il mio strumento preferito (e praticamente unico) per giocare avventure testuali, quindi non potevo perdermi l'occasione durante le feste di dare un morso alla Locusta, che nelle precedenti edizioni non mi aveva invece solleticato l'appetito (non amo molto gli ebook in generale).

Nella seguente recensione quindi farò riferimento unicamente alla versione per iPhone, non potendo fare paragoni per eventuali differenze con le altre. In ogni caso prima di approfondire il gioco lasciatemi dire: COMPRATELO!!!



LOCUSTA TEMPORIS


Locusta Temporis narra le avventure di Marika e Jean, una coppia di studenti/ricercatori universitari parigini, che analizzando e trafficando attorno ad un misterioso manufatto dalla forma di Locusta, rinvenuto in un recente scavo archeologico, si ritroveranno proiettati in diverse epoche storiche del passato. Cercando di portare a casa la pelle, tra una disavventura e l'altra, apprenderanno maggiori informazioni sullo strano insetto, fino a quando, dopo funamboliche peripezie, non riusciranno a tornare a casa sani e salvi.

La prima cosa che colpisce dell'ultimo lavoro di Colombini è che non si tratta di un racconto a scelte multiple come ci si potrebbe aspettare da un eBook, ma di una vera e propria avventura testuale senza parser, basata interamente sulla selezione di link ipertestuali. E' un lavoro stupefacente, a suo modo e per consistenza rivoluzionario, che apre nuove prospettive alla narrativa interattiva.

Nel procedere della storia al giocatore non verrà chiesto semplicemente di scegliere un percorso o un altro, ma di esplorare gli ambienti, apprendere indizi e risolvere enigmi, esattamente come avverrebbe fatto in un'avventura testuale o in un'avventura grafica.

Mai avrei pensato che si potessero spingere a tal punto le potenzialità di un eBook, è evidente che dietro Locusta Temporis c'è un'idea importante ed un lavoro enorme per spingere ai limiti un mezzo che assume in questo lavoro tutta un'altra valenza, ed offre capacità ludiche insospettate. E' da provare per capire esattamente la portata dell'innovazione, credo non si possa rimanerne non stupefatti.

Il secondo aspetto che lascia attonito il lettore è la lunghezza dell'opera e la varietà delle sfide ludiche proposte dall'autore. Siamo di fronte ad un gioco testuale che per lunghezza e sviluppo della trama è comparabile ad un romanzo, ed offre moltissime ore d'intrattenimento che largamente ripagano la piccola spesa dell'acquisto (direi che il prezzo è simbolico).

Non so quanto tempo abbia impiegato Colombini per la scrittura della storia, gli enigmi e l'implementazione, ma sospetto (considerata anche la novità del mezzo) che si parli di anni. E' un lavoro che per lunghezza non ha rivali in Italia e credo ben pochi nel mondo anglofono. Sebbene la lunghezza di un gioco, diversamente da quanto si pubblicizzasse negli anni '80, non sia propriamente una qualità dello stesso, mi preme sottolineare che Locusta Temporis dopo un incipit non proprio entusiasmante si eleva e si mantiene sempre su ottimi livelli fino alla conclusione.

Lo stile di scrittura è asciutto e scorrevole, mai pesante o troppo descrittivo. Ad eccezione di un paragrafo che racconta una breve scena onirica, piuttosto noiosa e pesante tanto da sembrare un inciso scritto da qualcun altro, leggere Locusta Temporis è piacevole e divertente. Non si perde mai il filo della trama, che pur rimanendo estremamente lineare si arricchisce di pagina in pagina di nuovi particolari che vanno ad esplicare la storia ed i suoi retroscena.

Lo stile di scrittura ben si adatta al genere del gioco. A differenza dal titolo latineggiante e dell'illustrazione di copertina che farebbero pensare ad un romanzo serio, siamo di fronte ad una vera e propria commedia avventurosa. L'elemento del viaggio nel tempo tipicamente fantascientifico è qui utilizzato come strumento per l'introduzione di scenari avventurosi alla Indiana Jones, come avviene nel romanzo Timeline di M. Crichton. In uno scenario avventuroso e pieno d'azione, il tono del racconto rimane volutamente sempre leggero e largamente farsesco.

I personaggi sembrano tirati fuori da una commedia di Mel Brooks o Gene Wilder, anche nelle situazioni più disperate e pericolose, o come recita il detto nella cacca fino al collo, saranno lì ad alleggerire la tensione con continue battute.

Personalmente amo la comicità, ma devo dire che in Locusta Temporis la si cerca in modo ossessivo e non sempre l'effetto è quello desiderato. Ad esempio, nonostante vi siano ottime occasioni dove poter creare momenti di tensione, le continue battute (più o meno riuscite) dei nostri eroi smorzano qualsiasi tipo di suspance; se da un lato ciò conferisce leggerezza e sollievo al giocatore, che ha sempre la certezza di potersela "cavare", dall'altro rende impossibile qualsiasi tipo di immedesimazione con i personaggi protagonisti, che si alternano tra spensierata distrazione ed idiozia pura.

Il lettore/giocatore quindi si sente più un osservatore esterno piuttosto che parte dell'avventura. Ciò nonostante, ed in questo credo aiuti molto il mezzo composto da link ipertestuali, si hanno sempre ben presenti gli obiettivi da raggiungere ed in linea di massima il come. A mantenere alta la passione ed il ritmo pensa invece il carattere avventuroso della storia, fatta di inseguimenti, esplorazioni di giungle, scalate di edifici, fughe e salvataggi degni del miglior Spielberg.

In questo contesto si inseriscono un numero elevatissimo di piccoli e grandi enigmi di ottimo livello e di notevole varietà. Diverse tra le sfide proposte al giocatore sono assolutamente geniali e regalano grande soddisfazione nella loro risoluzione, ed in generale sono quasi tutte ottime. Il quasi è legato ad un paio di enigmi la cui integrazione nel contesto poteva essere migliore e ad altri due che ritengo siano di troppo; la loro eliminazione non avrebbe fatto che del bene al ritmo dell'opera.

In particolare l'enigma della libreria in "equilibrio" mi è risultato veramente antipatico dal momento che mi ha costretto a ricorrere ad una rough solution (ovvero provare tutte le combinazioni) anche dopo aver colto i suggerimenti messi nel testo. La noia della sua soluzione mi ha demotivato tanto da accantonare il gioco per oltre una settimana, fortunatamente ho poi deciso di proseguirlo, altrimenti mi sarei perso il meglio. Quindi nel caso vi bloccaste anche voi, non lasciatevi demotivare!

[Nota, l'applicazione non riporta alcun riferimento di luoghi o modi in cui ottenere suggerimenti per chi si trova bloccato nel gioco: Quinta di Copertina ha un forum dedicato, anche se non molto in evidenza e con pochissimi messaggi segno di poca attività, un altro luogo dove ottenere suggerimenti può essere it.comp.giochi.avventure.testuali a parte contattare direttamente l'autore.]

La trama non è particolarmente complessa, si arricchisce durante la lettura con la scoperta di nuovi retroscena, ma non vive di antagonismi ne tanto meno punta a capovolgimenti di fronte o a sorprese. Sono gli scenari che creano la storia, mettete una donna vestita di jeans in epoca medievale ed avrà i suoi problemi, tuffatevi nel cretaceo e vediamo come saprete cavarvela. Nella sua semplicità è comunque consistente, con l'autore che ha evidentemente fatto ricerche per evitare anacronismi e dare una sorta di consistenza logica e scientifica al viaggio temporale.

L'avventura approda alla sua conclusione esaurendo qualsiasi curiosità o domanda del lettore. Non ho sentito la necessità di rigiocare l'avventura modificando le scelte, e questo ai miei occhi è un gran pregio, significa che si è concluso il gioco pienamente soddisfatti. Pur non avendo fatto ulteriori tentativi, ritengo improbabile che esistano finali alternativi o percorsi non esplorati del gioco dovuti alle scelte. Ho avuto la netta sensazione che la libertà offerta al lettore sia quella dell'ordine in cui affrontare le sfide piuttosto che i modi. Ritengo anche questo secondo aspetto un merito e non una lacuna.

L'applicazione che contiene il gioco è costruita ottimamente, senza bug, ne ho rivelato errori di battitura nel testo. Per chi, come me, deciderà di giocare con dispositivi portatili è bene sapere, inoltre, che la fruibilità ed ergonomicità di questa avventura è più che discreta; anche se in diverse occasioni dovrete purtroppo far ricorso a carta e penna per prendere appunti su indizi e magari per fare qualche piccola mappa schematica delle locazioni. Non che sia fondamentale, è sempre possibile scorrere indietro pagina per pagina le scelte passate per controllare ciò che si è fatto e tornare sui suggerimenti che ci sono stati forniti, ma l'operazione di andare continuamente a guardare le pagine precedenti è noiosa ed interrompe il ritmo della lettura; in assenza di un blocco notes integrato nel gioco è molto meglio ricorrere a carta e penna anche se male si sposano con un cellulare (io ho usato i tovaglioli del bar, durante le pause pranzo).

In conclusione siamo di fronte ad un'ottima avventura, divertente e ben realizzata. A voler essere esigenti sarebbe stato interessante avere qualche illustrazione all'interno dell'avventura e magari qualche effetto sonoro qua e la, ma probabilmente avrebbe comportato un ulteriore aggravio ad un lavoro di realizzazione già estremamente importante. Credo invece che Locusta Temporis meriterebbe un ulteriore sforzo per una trasposizione in inglese, in modo da poter essere fruibile da un pubblico più vasto.

Non vi resta a questo punto, se non lo avete già fatto, che correre sull'Apple Store o sul sito di Quinta di Copertina ed acquistare il gioco, io rimarrò in attesa di nuove applicazioni ludiche nella speranza che Locusta Temporis non rimanga un evento isolato :)

Buon divertimento!

15 gennaio 2012

L'Arte dell'Avventura (5)


Comincia oggi la parte dell'Arte dell'Avventura dedicata alla Teoria della Narrativa Interattiva. Continuate a seguirci...

Appuntamento a Lunedì prossimo per un nuovo capitolo, buona lettura!



Le Avventure e la Realtà

Come ci avvicinammo a Gratiosa, il dieci di Settembre, quasi alla mezzanotte, scorgemmo un lungo e perfetto Arcobaleno creato dalla luce lunare, in tutto e per tutto simile ad un arcobaleno normale con la sola eccezione dei colori, erano più pallidi, e più inclini ai colori della fiamma di un fuoco.
— Arthur Gorges, marinaio della spedizione di Sir Walter Raleigh (1597)

“Spiegate perché esiste un modello del mondo all’interno del gioco dando consistenza al testo che presenterete al giocatore” (Thomas Nilsson, dal manuale di Alan). Vale la pena fare un passo indietro e comparare ‘Advent’ a ‘Zork’, l’alfa e l’omega dei giochi ambientati in mondi sotterranei [“l’alfa e l’omega” sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, cit. Apocalisse 1:8 N.d.T.]. 


‘Zork’ è meglio delinieato ed i suoi capitoli centrali (ora chiamati ‘Zork II’) sono tra quelli più finemente e meglio strutturati tra i giochi di narrativa interattiva. Mentre per tutti i suoi vicoli ciechi ed i canyon nascosti, ‘Advent’ è essenzialmente un lavoro migliore, più memorabile e con più atmosfera, dal momento che le sue radici affondano per lo più in esperienze reali. La mitologia di ‘Zork’ ha basi molto meno solide: la perduta dinastia dei Flathead, inizia con poche battute buttate qua e la, e finisce per essere piuttosto noiosa nei sequel successivi nel momento in cui la “leggenda dei Flatheads” divenne, di default, la caratteristica distintiva degli Zorchiani. Sebbene perfettamente realizzato, ‘Zork’ manca di autenticità.


I dibattiti più accesi in favore di un’ambientazione chiaramente fantastica sono spesso sostenuti da autori di giochi che non ne hanno una, e che sono meri miscugli surreali di elementi moderni e medievali. Solo pochi, come ‘Brand X’ di Peter Killworth e del maestro di scacchi Jonathan Mestel (1982: più tardi chiamato ‘Philosopher's Quest’), ne uscirono interi tra mille difficoltà. ‘Brand X’ manca di un titolo descrittivo – non vi sono strutture o una descrizione della trama – e l’apertura del gioco recita: “Non hai bisogno di istruzioni, pertanto non ne avrai.” Ma generalmente questi giochi sono indistinguibili gli uni dagli altri e sono stati semplicemente dimenticati.

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Ecco un esempio significativo ripreso da ‘The Hitchhiker's Guide To The Galaxy’ (Steve Meretzky e Douglas Adams, 1984):

Ford sbadigliò. “I trasferimenti mi stancano sempre. Farò un sonnellino.” Mise qualcosa sopra il suo zainetto. “Se hai delle domande, questa è La Guida Galattica per l’Autostoppista Spaziale” (Nota 14). Ford abbassò la sua voce ad un sussurro. “Non dovrei dirtelo, ma non sarai mai in grado di finire questo gioco senza consultare la Guida su molti argomenti.” Non appena si accucciò in un angolo cominciò a russare, raccogli la Guida dell’Autostoppista.

Perché Ford sente la necessità di abbassare la voce ad un bisbiglio? Chi non vorrebbe che Ford dicesse qualcosa del genere? Roger Giner-Sorolla tenta di affrontare l’argomento. Nel suo articolo Crimes Against Mimesis [crimini contro la mimesi, ne esiste una traduzione in italiano a cura di Francesco Cordella, è disponibile sul suo sito web “l’avventura è l’avventura”, NdT] dell’Aprile del 1996, mette sotto accusa il continuo ricorso a questo tipo di passaggi:

Considero la narrativa ben fatta un’imitazione, o una “mimesi”, della realtà, sia che si svolga in questo mondo che in un altro. La buona narrativa permette al lettore di entrare, temporaneamente, nella realtà di quel mondo e di crederci. Un crimine contro la mimesi consiste in ogni aspetto del gioco... che spezza la coerenza di questo mondo fittizio, di questa rappresentazione di una realtà.

Questa elegante polemica, postata su rec.arts.int-fiction, diede il mise au point [gli argomenti, NdT] per un dibattito che durò alcuni mesi sul gruppo . L’obiettivo non era tanto l’inciampo sulla mimesi in un passaggio come quello precedente, ma l’indebolimento della mimesi da parte di autori poco accorti. 



L’inserimento di oggetti fuori contesto o di personaggi privi di motivazioni, la collusione di generi per includere bizzarri anacronismi o l’uso di enigmi fuori contesto (come ad esempio un enigma che si basa sulla disposizione di mattoni per entrare un una cripta in rovina) sono tutti elementi problematici dal momento che evidenziano esattamente ciò che dovrebbe essere celato, ovvero che il gioco è una serie di enigmi da risolvere.


Da questo punto di vista ne dovrebbe conseguire che un gioco ha bisogno di un mondo narrativo coerente e che i suoi enigmi dovrebbero essere perfettamente associati alla struttura del testo, apparendo perfettamente naturali al giocatore.


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Il segreto del successo nella progettazione di uno scenario di fondo è l’originalità: una volta che l’avrete trovata, tutto seguirà naturalmente. Probabilmente la risorsa d’ispirazione più popolare è la vita reale, e per molti giochi la progettazione della struttura comincia con, e di tanto in tanto si interrompe con, la ricerca. 

Per inventare luoghi geografici si possono prendere quale utile riferimento le mappe di catene montuose, di valli, di fiumi e di grotte sotterranee reali, esse ci aiutano a ricordare che la geografia è contorta e continua – se un fiume passa attraverso una data locazione, deve contiuare altrove, e così via. 

(Ulteriori informazioni su questo aspetto possono essere trovate Nel DM4 §51. O anche in questo saggio:
https://sites.google.com/site/avventuretestuali/articoli-1/geografia-nella-narrativa-interattiva, NdT)

Per ‘Jigsaw’ (Graham Nelson, 1995), un gioco che contiene una rivisitazione della storia con tanto di salti temporali ed una macchina del tempo, il sottoscritto cominciò vagando tra i ripiani della Oxford County Library con le tasche piene di monete pronte per le fotocopiatrici, l’intenzione era copiare tutto ciò che sembrava interessante. M’imbattei tra le altre cose in una copia facsimile del fumetto del 1956 Eagle (era una visione dell’Impero Britannico al tempo di Suez nella narrativa per ragazzi), Il Giornale di Bordo della Apollo 17 nel suo soggiorno sulla Superficie Lunare (di Eric Jones, una superba risorsa anche su internet, ora ufficialmente adottata dalla NASA) e, per le sequenze del gioco ambientate nel 1900, feci riferimento all’eccellente film Century di Stephen Poliakoff.

Questo potrebbe suggerirvi che la ricerca fosse un po’ esagerata. Ecco Stu Gally, sulla scrittura del poliziesco alla Chandler ‘The Witness’ (1983):

Presto alla libreria del mio ufficio si aggiunse un vecchio catalogo Sears e una storia per immagini della pubblicità (per aiutarmi con l’arredamento della casa ed i vestiti dei personaggi), il Dizionario dello Slang Americano (per aggiungere colore al testo) e una enciclopedia a volumi del 1937 (per eliminare gli anacronismi).

E così andammo su per la strada di casa Linder per incontrare Monica, che aveva capelli scuri e mossi ed indossava una blusa alla marinara Rayon, abbronzata con il segno dei tacchi alla Cubana, e ci trattava come uno scaricatore di porto che le avesse fischiato dietro.

In un gioco che intende essere un po’ kitsch, tutta questa ricercatezza è divertente. In un lavoro più serio è molto lontana da un punto di equilibrio.


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I giochi che adattano i romanzi alla narrativa interattiva presentano due ordini di problemi. Ne sono stati realizzati molti tra cui: Gateway di Frederik Pohl, un capolavoro della fantascenza “hard”, e i libri di J. R. R. Tolkien, Terry Pratchett e Enid Blyton hanno tutti prestato i loro vasti mondi immaginari. Ma in ogni caso dietro permesso.

I diritti d’autore sono il primo problema. Anche se non vi è scambio di denaro, essi durano da cinquanta a settantacinque anni (a seconda della giurisdizione) dopo la morte dell’autore o del suo coniuge. Vi sono racconti del diciannovesimo secolo che sono ancora soggetti al diritto d’autore e molti personaggi che sono stati oggetto di commercializzazione hanno tutele anche maggiori. Alcune proprietà letterarie, come Tintin ad esempio, sono ampiamente protette, e i gestori dei diritti dei libri di “Dragon” di Anne McCaffrey's o del marchio di Star Trek della Paramount sono molto severi nella ricerca di qualsiasi abuso alla loro proprietà da parte di autori su internet: anche comprensibilmente in questo secondo caso, dal momento che una iniziativa di Marion Zimmer Bradley nell’autorizzare della fan fiction terminò in un sgradevole controversia legale. 


Il gioco per Commodore 64 ‘HitchHiker-64’ (Bob Chappell, 1984), un lavoro non autorizzato basato in modo approssimativo sulla commedia di Douglas Adams fu frettolosamente riscritto con il titolo di ‘Cosmic Capers’, con la Ravenous Bugblatter Beast of Traal trasformata nella meno soddisfacente Barbaric Binge Beast of Bongo.

Il secondo problema è che, in ogni caso, una trama diretta e lineare non funziona come un gioco d’avventura e un romanzo è normalmente troppo lungo per un gioco, proprio come accade per i film: entrambi sono vicini a una sintesi di un racconto. 

Dave Lebling reputò ‘Shogun’ (1989), una versione autorizzata del racconto epico di James Clavell, il peggiore non solo dei suoi giochi ma di tutti quelli della Infocom. (Graeme Cree: “Troppo spesso la storia sembra andare per conto suo mentre ottenete punti inutili per aver sorriso, annuito, e per esservi inchinati al momento giusto.” Torbjörn Andersson: “Non vi fa mai allontanare dal percorso preordinato della storia, come se fosse una visita guidata per bambini”.) 

‘Sherlock’ (Bob Bates, 1987) fu invece un enorme successo, non perché Conan Doyle sia più interessante – sebbene lo sia vista la sua popolarità, anche se Bates esagerò con lo humour – ma perché il gioco era una buona fusione di più lavori e non un semplice adattamento. Lo stesso può essere detto di ‘Wonderland’ (David Bishop, 1990), uno dei pochi giochi basati sul personaggio di Alice che non segue il testo. 

‘The Tempest’ di Shakespeare è stato adattato alla narrativa interattiva almeno due volte (David R. Grigg, 1992; Graham Nelson, 1997) ma la bellissima somma di strutture Shakespeariane di Jonathan Partington nel suo ‘Avon’ (1982), è più divertente di entrambe. Gli enigmi attraversano molte delle scene e si riconcorrono con ritmo incalzante, come il nascondere il cesto dei panni sporchi (The Merry Wives of Windsor) o il prendere in prestito tremila ducati (The Merchant of Venice); un consiglio di non mangiate la mela di Titus Andronicus.



BIBLIOGRAFIA

Il dualismo tra la simulazione dal finale aperto e la narrativa ha sempre animato le discussioni. I tre fogli di David Graves Second Generation Adventure Games (J. di Computer Game Design, 1987) dicono poco al riguardo. Gerry Kevin Wilson osserva che “I minimalisti sostengono che i giochi dovrebbero essere una esperienza fatta di esplorazione e simulazione. Vorrebbero essere in grado di cominciare la trama e poterla mettere da parte in qualsiasi momento lo desiderano. E’ mia opinione che siano persone molto pericolose.” Mike Roberts, nell’appendice a The TADS Author's Manual, scrive: “I giochi d’Avventura hanno tutti un problema sostanziale: tutti pretendono di essere ciò che non sono... le avventure sono simulazioni. Sfortunatamente, la maggior parte delle avventure rivendicano di essere simulazioni del mondo reale... La chiave è quella di scegliere un universo piccolo, che possiate modellare completamente.” Sviluppò questa sua idea di auto-limitazione suggerendo che la progettazione si dovesse concentrare su di un singolo uso importante per ogni oggetto, lasciando che le connessioni meno importanti fossero aggiunte solo successivamente a che l’uso principale fosse stato scoperto.


Parodiato dal gioco di Adam Thornton ‘Sins Against Mimesis’ (1997).

8 gennaio 2012

L'Arte dell'Avventura (4)



Con l'articolo odierno completiamo il capitolo dell'Arte dell'Avventura dedicato alla storiografia, dalla prossima settimana si comincerà a parlare di teoria.

Come noterete, l'articolo termina con la descrizione degli anni '90. Il primo decennio del nuovo secolo non viene trattato. E credo non ne esista neanche una trattazione completa, se non forse un articolo scritto tempo da da Francesco Cordella per quanto riguarda la scena italiana. 

Magari qualcuno deciderà di colmare la lacuna con un articolo aggiornato.

Nel caso fatemelo sapere :)

Buona lettura. 


La crescita di una comunità 1985–91

Una dopo l’altra, le aziende cessarono di pubblicare giochi basati sul testo: Adventure International (1985), Synapse (1986), Infocom (1989), Level 9 (1991), Topologika (1992), Magnetic Scrolls (1992). L’ultimo baluardo, la Legend Entertainment – che aveva ereditato due degli autori dagli ultimi giorni della Infocom, Bob Bates e Steve Meretzky – crearono l’ultima versione di un gioco tradizionale con un parser nel 1993 (‘Gateway II: Homeworld’, di Mike Verdu e Glen Dahlgren) e così, secondo alcuni, cominciò l’età oscura: i giochi d’avventura che venivano proposti sul mercato erano una sorta di narrativa, basata per lo più sulle scelte multiple, ma veniva meno l’interazione nel vero senso tradizionale del termine. 


Anche lo stesso sviluppo della tecnologia, che portò un irresistibile avvento della grafica e della animazione relegò da parte la scrittura della narrativa interattiva. Tra il 1980 ed il 1990 i personal computer passarono da una potenza che gli permetteva appena di far girare un gioco a base di testo ad essere in grado di compilarne uno.



Mentre essere in grado di programmare un PDP-10, come lo erano Crowther e Woods, comportava avere una qualifica professionale, i primi microcomputer arrivarono dotati di un semplice linguaggio di programmazione chiamato BASIC, e venivano distribuiti con manuali di istruzioni che enfatizzavano come i computer fossero fatti più per scrivere i propri programmi che per usare quelli altrui. Programmare piccole avventure non è complicato – in effetti la scrittura di giochi d’avventura è stata usato per insegnare ai bambini l’uso degli elaboratori (Creating a Database, 1985, Steve Rodgers e Marcus Milton) – e la lentezza di un programma scritto in BASIC non comporta grandi inconvenienti per una avventura testuale. Così, parallelamente al mercato commerciale e sovrapponendosi con esso nella zona più economica, gli appassionati cominciarono ad inventare e proporre le loro avventure sin dal Maggio 1979, quando Lance Micklus pubblicò ‘Dog Star Adventure’ su una rivista di informatica. Fu la prima di molti giochi del tipo “scrivi la tua avventura” che alcuni lettori, partendo dai listati di altri, adattavano e rielaboravano mentre scrivevano il codice pubblicato dalla rivista. Il sorgente stesso di ‘Adventureland’ di Scott Adams venne pubblicato su Byte (1980) e, dopo circa un anno, il cuore del motore di gioco apparì completamente rielaborato nelle ‘Mysterious Adventures’ di Brian Howarth, suo rivale. (Esistevano non meno di tre formati per la creazione di avventure alla Scott Adams solo per il microcomputer TI-99/4a, e i giochi nel formato Adams in circolazione superano di almeno tre volte il numero dei titoli ufficiali.) Dozzine di libri dal titolo tipo Giochi d’Avventura per il Tuo Commodore 64 (Duncan Quirie, 1984) pubblicavano listati BASIC senza commenti, quasi incomprensibili - in parte per la necessità di salvare ogni possibile byte di memoria - erano spesso mandati alle stampe da programmatori più entusiasti che dotati, e raramente testati appropriatamente.

Ogni compagnia importante aveva un proprio sistema per la programmazione di giochi d’avventura (vedi §41 per un esempio di ZIL della Infocom): nessuno di essi fu mai rilasciato al pubblico. Ma uno strumento piuttosto popolare per la programmazione di avventure chiamato The Quill (Graeme Yeandle, 1983), che girava sui microcomputer Sinclair Spectrum e Commodore 64, permise a molti appassionati di lavorare da casa e di vendere i loro giochi. Yeandle riconosce generosamente, nei ringraziamenti del suo manuale, che il sistema “trae le sue origini da un articolo scritto da Ken Reed e pubblicato nel numero di Agosto del 1980 dalla rivista Practical Computing” e ciò va ad ulteriore testimonianza dell’influenza che avevano le riviste negli anni 1979–80 nel diffondere il verbo nel mondo.

Almeno 60 giochi commerciali creati con The Quill furono pubblicati tra il 1983 e il 1986. In seguito divenne popolare anche il Graphic Adventure Creator (Sean Ellis, 1986). In America ebbero una certa diffusione anche Adventure Writer e con meno successo Adventure Masterwere. I piccoli giochi in BASIC rimanevano comunque ed inevitabilmente delle copie in miniatura dei giochi veri, e anche The Quill non avrebbe potuto creare una versione di ‘Advent’ (sebbene alcune evoluzioni di questo strumento, come Professional Adventure Writer (1987), furono in grado di farlo), figurarsi un gioco di scala-Infocom.

Vi sono circa 33 sistemi di programmazione non commerciali oggi presenti sull’archivio ftp dedicato all’interactive fiction, e molti di essi sono caduti in disuso, si tratta di sistemi leggeri a voler essere buoni, altri sono per lo più esercizi per la compilazione in Pascal, o LISP, che pagano la troppa attenzione alla sintassi e che non affrontano il vero problema: il modello del mondo e come l’autore può lavorare su di esso ed alterarlo. 

Tra il 1995 e il 1999, solo due sistemi sono stati ampiamente utilizzati per la creazione di avventure: il Text Adventure Development System (or TADS, Mike Roberts, 1987) e Inform (Graham Nelson, 1993). Altri due sistemi meritano un certo interesse e sono utilizzati da una minoranza di persone che continuano a supportarli: Hugo (Kent Tessman, 1994) e una forma rinnovata di Adventure Game Toolkit (AGT, David R. Malmberg e Mark Welch, 1985–7). 

Notate le date, ad evidenza di quanto possa essere duraturo un sistema ben ostruito e capace e di quanta sia la difficoltà a crearne uno nuovo da zero. Tutti e quattro continuano ad essere sviluppati dalla loro concezione iniziale, in una certa misura stimolando l’un l’altro la loro crescita in complessità e ricchezza di opzioni.

I sistemi di programmazione degli anni ‘80 avevano la costante ambizione di facilitare la vita al programmatore novizio, a cui se possibile non sarebbe mai stato chiesto di programmare realmente: ma solo di inserire il testo delle descrizioni, riempendo a tutti gli effetti un semplice database. “Alan non è un linguaggio di programmazione. Al contrario Alan adotta un approccio descrittivo,” recita il suo manuale (di Thomas Nilsson), e il manuale del Generic Adventure Games System (Mark Welch) concorda:

[GAGS] non può essere usato per scrivere un gioco d’avventura con caratteristiche complesse come quelli della Infocom. Per farlo … si richiederebbe all’autore di giochi d’avventura di imparare una serie veramente complesse di regole.

Questo era l’accordo tra sistema di programmazione e autore, accettato con qualche riluttanza da tutti fino al 1992 - un anno cruciale come avremo modo di vedere.


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L’evoluzione dei network e di internet, nella storia della narrativa interattiva, hanno avuto un effetto più dirompente dei cambiamenti che si sono avuti nella tecnologia dei computer stessi. Alla fine degli anni ‘60 ed all’inizio degli anni ‘70, strumenti come Unix e giochi come ‘Spacewar!’ si erano diffusi da un posto all’altro attraverso il primo internet come, nel medioevo succedeva ai testi che passavano di monastero in manastero dal Reno alla Loira e di copia in copia non ne rimaneva alcuna versione definitiva. (Abbiamo già visto come questo sia accaduto con ‘Advent’). Dalla metà degli anni ‘80 le università e le istituzioni del mondo occidentale erano tutte collegate attraverso un network, ma lo stesso non poteva dirsi per gli home computer e le piccole aziende.

Appassionati della scrittura di narrativa interattiva non potevano raggiungere grandi risultati fintanto che non ci fosse stata abbastanza contatto tra di loro per la distribuzione di sistemi di programmazione non commerciali e per la diffusione dei giochi. Usenet, un sistema di gruppi di discussione a largo raggio anche chiamati “newsgroups”, venne creato nel 1979 e vide raddopiare il proprio utilizzo di anno in anno, ma ancora nel 1985 vedeva una media di soli 375 messaggi al giorno, sommando tutti gli argomenti, e fino al 1989 era ancora possibile per un individuo leggere praticamente tutto il traffico di messaggi generato. 

In America vi erano centinaia di sistemi locali dial-up chiamati bulletin board systems (BBSs) e il loro fratello maggiore l’American CompuServe service, entrambi contribuirono grandemente allo sviluppo di Usenet. I suoi creatori chiamarono questo network “l’ARPANET dei poveri”, gruppi dove un poveraccio poteva via FTP scaricare file da archivi attraverso il solo modem e senza la necessità della connessione ad Internet di una università o di una azienda. Anche più tardi nel 1993, il numero di download di ‘Curses’ da CompuServe rivaleggiavano con quelli dell’archivio ftp. Dal 1982, ovvero da quando il concetto di “shareware” fu inventato, il software fatto in casa di qualità era normalmente diffuso su queste boards e spedito via disco attraverso la Public Software Library, gli utenti erano moralmente obbligati alla “registrazione” pagando un piccolo prezzo all’autore. TADS e alcuni tra i migliori dei primi giochi scritti in TADS furono diffusi come shareware dalla High Energy Software, una compagnia con una propria BBS. Anche AGT era disponibile dalla comunità delle BBS, e il Byte Information Exchange, e su dischi che potevano essere ordinati dalla Softworks, una delle compagnie che costituivano l’Association of Shareware Professionals.


La storia di Judith Pintar (da un’intervista in XYZZYnews 11) mostra quanto potesse essere fruttuoso questa tipologia di contatti:

Cominciai a scrivere IF alla metà degli anni ‘80, quando scoprii che l’XT che avevo acquistato aveva in dotazione GAGS [1985]...
Quando mi associai a CompuServe nel 1990, provai a contattare Mark Welch, per registrare GAGS, e scoprii che era diventato AGT e che era amministrato dal co-autore David R. Malmberg. David aveva indetto diversi concorsi annuali per la scrittura di giochi, ed io ero determinata a parteciparvi...
‘CosmoServe’ [1991] arrivò a parimerito al primo posto. [Nel 1992] ebbi l’idea di scrivere un gioco assieme ad un gruppo di altri autori. Postai questa idea sul Forum dedicato ai giochi di CompuServe e rispose un piccolo gruppo di persone... Ci fu assegnata un’area privata sul forum per inviarci i nostri messaggi l’un l’altro e per scambiarci i file del gioco.

‘Shades of Gray’ (1992), di Mark Baker, Steve Bauman, Elizabeth Ellison, Mike Laskey, Hercules, Cynthia Yans e Pintar stessa, vinse puntalmente. Il concorso AGT come quello di GAGS nel 1986, promuoveva l’interesse verso la narrativa interattiva, e fu indetto ogni anno dal 1987 al 1993 e, sebbene non più legato ad uno specifico sistema di programmazione di giochi, si trasformò in quello che poi divenne la competizione indetta ogni anno sul newsgroup rec.arts.int-fiction.


I Newsgroup e la rinascita 1992 – 1999


Il resto dell’infrastruttura della presente comunità che si stringe intorno alla narrativa interattiva fu creata da quattro eventi pressoché simultanei: il primo, la creazione di un newsgroup su Usenet specifico per l’argomento (21 Marzo 1992, 21 Settembre 1992), spostandosi dalle sporadiche discussioni che si perdevano tra gli altri argomenti del primo net.games e più tardi di rec.games.programming, e la contemporanea affermazione di utilizzare un medium artistico spostandosi sulla gerarchia rec.arts.*, dove venivano discussi anche romanzi e teatro. Quindi attraverso la fondazione di un archivio ftp dedicato alla narrativa interattiva ovvero quello che all’epoca era ftp.gmd.de di Volker Blasius e David M. Baggett (24 Novembre 1992), ed infine al rilascio di TADS 2.0 (6 Decembre 1992), significativo dal momento che stabilì la posizione di dominanza di TADS. Il rilascio di Inform 1 avvenne il 10 Maggio 1993), sebbene inform non sia mai stato seriamente utilizzato sino al 1995.


La vicinanza di queste date non è stata una coincidenza: seguirono l’improvviso e diffuso rilascio di una versione economica dell’intero catalogo della Infocom, in due volumi, Lost Treasures of Infocom I (Gennaio 1992) e II (Luglio 1992), che stimolò un revival sia del culto della Infocom sia della narrativa interattiva in generale. Se paragonassimo la Infocom a Shakespeare allora questo era il First Folio (con questo termine gli studiosi indicano la prima pubblicazione delle opere di Shakespeare, NdT). Chiunque avesse avuto l’occasione di apprezzare i giochi della Infocom in passato si trovò improvvisamente a poterli avere tutti, mentre le aspettative dei giocatori cominciarono a salire. L’antiquariato Infocom occupò molte delle prime discussioni del newsgroup; molto del materiale pubblicato sull’archivio ftp consisteva di fogli informativi sui file delle avventure della infocom: e i collezionisti di queste gemme potevano ora avere a disposizione anche Inform, uno strumento che compilava avventure nello stesso formato della Infocom. I sistemi di programmazione di successo alla metà degli anni ‘80, che non erano adatti a costruire avventure della stessa scala della Infocom, vennero dimenticati velocemente. Mentre TADS e Inform cominciarono ad essere usati per un gran numero di giochi di grandi dimensioni cercando plausibilmente di imitare il valore della produzione Infocom, tra di essi ricordiamo ‘Save Princeton’ (Jacob Solomon Weinstein, 1992), ‘Horror of Rylvania’ (Dave Leary, 1993), ‘Curses’ (Graham Nelson, 1993), ‘The Legend Lives!’ (David M. Baggett, 1993), ‘Theatre’ (Brendon Wyber, 1994), ‘Christminster’ (Gareth Rees, 1995), ‘Jigsaw’ (Graham Nelson, 1995), ‘Perdition's Flames’ (Mike Roberts, 1995), ma le pubblicazioni furono molte di più.


Il rilancio su iniziativa di Gerry Kevin Wilson di una nuova competizione annuale, che di base ricordava quella di AGT e degli utenti di CompuServe, avvenne a partire dal Settembre 1995, anche se l’evento del 1996 (con 26 giochi partecipanti) segnò l’inizio della sua reale importanza. Non vi era alcuna restrizione per un particolare sistema di programmazione, il che era tipico di un newsgroup che si era sempre espresso contro la propria divisione in sottosezioni tipo comp.lang.tads o comp.lang.inform. Mentre la regola che il gioco fosse risolvibile in due ore, sebbene spesso fosse disattesa, ebbe un deciso effetto nell’orientare gli autori dai “romanzi” delle dimensioni della Infocom verso i racconti brevi. Ciò accrebbe le opportunità di sperimentazione, ma limitò il numero di giochi di grandi dimensioni pubblicati alla fine degli anni ‘90. L’evento settembrino ogni anno - opportunamente scelto, dopo le vacanze estive - ebbe anche lo sfortunato effetto di concentrare le pubblicazioni di nuovi giochi tutte in quel periodo, creando una specie di violento monsone dopo un’arida estate. Ma la competizione fu un trionfo sia per la quantità di ottimi lavori che stimolò, sia per il numero di nuovi autori e giocatori che attrasse. Il suo successo fece sorgere anche un certo numero di competizioni alternative, come l’annuale XYZZY Award nello stile della premiazione degli Oscar. 

Cominciarono anche competizioni dal carattere ludico e divertente come le SpeedIF, cominciate su iniziativa di David Cornelson nell’ottobre del 1998, la caratteristica di queste competizioni era quella che si doveva scrivere e programmare un gioco in sole due ore. La rubrica della tredicesima edizione della SpeedIF recita: “Il gioco si svolgerà in un ristorante cinese. Vi dovranno essere uno o più dei seguenti animali: piccione, elefante o un tasso. Vi sarà una qualche scultura fatta in argilla, ed un qualche personaggio che sia ossessionato da HAL o Doraemon, il gatto robot proveniente dal futuro del celebre manga (o entrambi)…”

Il nuovo secolo vide un’accresciuto apprezzamento del potenziale artistico della narrativa interattiva. Un esempio provocatorio fu la presentazione di Nick Montfort di una edizione rilegata di ‘Winchester's Nightmare’ alla mostra Digital Arts and Culture in Atlanta, nell’Ottobre 1999: dieci portatili dismessi furono convertiti in modo che potessero far giocare un gioco scritto in Inform. Una volta proprietà dell’Internal Revenue Service, alcuni ancora riportavano il marchio dell’aquila che tiene una chiave del ministero del tesoro degli U.S.A. Anche la mostra di immagini in una pagina web, stava cominciando ad essere un lavoro concettuale ed artistico, e nella mostra si sfidava l’inconscia assunzione che un lavoro di narrativa interattiva dovesse essere intrinsecamente diverso da quello di un libro materiale. 

La breve storia ‘Mercy’ di Chris Klimas e le scene cangianti di ‘The Space Under The Window’ di Andrew Plotkin, ebbero grande influenza alla fine degli anni ‘90 sullo stile dei giochi non-giochi. 

Marnie Parker organizzò degli art show che mettevano in competizione le tradizionali aspirazioni dell’IF, incoraggiando espressioni artistiche del mezzo. Facendo un’eccezione alla regola generale di questo paragrafo di fermarsi al 1999, sembra appropriato fermarsi con due lavori debuttanti che ottennero dei premi all’Art Show del 2000: Galatea’ (Emily Short, 2000), una conversazione con una scultura animata che aprì nuovi orizzonti sui dialoghi interattivi; e ‘The Cove’ (Kathleen Fischer, 2000), un’evocativa marina che è anche una raccolta di ricordi.

Nella narrativa interattiva si apprezzerà sempre ciò che in teatro è conosciuto come “uno spettacolo ben riuscito”, il semplice intrattenimento nel senso tradizionale del termine, ma senza le sue espressioni radicali essa cesserà di esistere. Sebbene il santo graal di un lavoro di narrativa interattiva senza enigmi e che si mantenga interattiva sembra rimanere una chimera non è mai troppo tardi per smettere di sperare.

▲ Cosa dire della storia della teoria della narrativa interattiva? Per più di venti anni, il meglio che si potesse trovare pubblicato erano i capitoli come questo, nascosti alla fine di manuali di programmazione: così il capitolo 8 di How to Write Adventure Games for the BBC Microcomputer Model B and Acorn Electron (1984) di Peter Killworth, e il capitolo 7 del manuale di Alan, o l’Appendice B al manuale di TADS. (Anche le persone che non hanno alcuna intenzione di usare TADS dovrebbero leggere il manuale di TADS che è scritto incantevolmente bene.) Molti elementi di teoria sono espressi nella forma di suggerimenti benevoli (“Non ha importanza quanto sia breve l’Avventura che scrivete, avrà bisogno di molto molto più tempo e sforzi di quanto possiate immaginare” – Killworth) e vi sono spesso chiari tentativi di brancolare alla ricerca di un modello che indichi quali debbano essere gli ingredienti essenziali di un gioco. Basic Adventure and Strategy Game Design for the TRS-80 (Jim Menick, 1984), è un lavoro ampolloso, che parla dei “livelli” di complicazione nelle “frasi”. Altri, come il libro di A. J. Bradbury, citato precedentemente, o il goffo Player's Bill of Rights (I diritti del giocatore, messaggio su Usenet, 1993), buttano giù quelle che vorrebbero essere le regole d’oro (usualmente dieci) da seguire. Le regole di Bradbury sono ben supportate da molte aurgomentazioni e affrontano anche il lato narrativo oltre che quello enigmistico: ad esempio, “opponetevi al desiderio di creare un supereroe” quale protagonista del gioco.

• BIBLIOGRAFIA
Per la storia della narrativa interattiva, vedete l’Infocom Fact Sheet di Paul David Doherty, il Level 9 Fact Sheet di Miron Schmidt e Manuel Schulz e il Magnetic Scrolls Fact Sheet di Stefan Meier e Gunther Schmidl [il primo ed il terzo li trovate tradoti in italiano ad opera di Paolo Vece all’indirizzo http://www.vece.net/if/ per la level 9 suggeriamo questo articolo https://sites.google.com/site/avventuretestuali/articoli-1/level-9 N.d.T.]. Il catalogo di Hans Persson Adventureland e l’indice principale dell’archivio ftp sono risorse indispensabili a chi voglia approfondire la materia. Per le connessioni con i precursori letterari, leggete l’articolo di Gareth Rees del 1994 Tree fiction. Il numero di giochi che proclamano di avere origini anteriori al 1979 è paragonabile al numero di famiglie americane che si dichiarano discendenti diretti dei pellegrini della Mayflower, chi volesse fare delle ricerche per trovare quali siano i primi dovrebbe muoversi con cautela. Ma è chiaro che si sa molto poco delle librerie dei giochi in circolazione alla metà degli anni ‘70. ‘Wander’ di Peter Langston (1974), un programma per la modellazione di un mondo basato su testo nella sua distribuzione di giochi PSL per Unix con le sue locazioni incorporate, stati modificabili ed oggetti portabili, era quanto meno una proto-adventure: forse ne esistevano molti altri, ma non riuscirono a trovare un Don Woods pronto a completare il lavoro. Molto sembra essere andato perso anche del codice originale di Crowther, il più importante documento che potremmo voler vedere, non sembra essere esistito da nessuna parte prima del 1977. (Crowther conferma che non possiede alcuna stampa o annotazione di esso.) Nella discussione sui diritti d’autore che ho fatto precedentemente mi sono basato su citazioni ed anedoti di Crowther e Woods, e su una recente ricerca di valore ad opera di Dennis G. Jerz. • The Longest Cave, di Roger Brucker e Richard Watson, include una storia della Bedquilt Cave. • E’ difficile stimare la vastità della letteratura con una certa affidabilità. L’archivio ftp contiene oltre 1.700 giochi che sono stati terminati ed offerti ad un qualche tipo di utenti, e ciò non esclude che vi sia altro materiale ancora coperto da copyright o semplicemente perduto. Il catalogo di Hans Persson (sicuramente incompleto) elenca circa 800 pubblicazioni commerciali negli anni ‘80, di cui 330 sono puramente testuali. Quello che viene definito come canone dei giochi “importanti” o “classici” di cui si parla ancora oggi consiste in circa 100 titoli. La metà dei quali sono stati riscoperti e resi giocabili durante gli anni ‘90. •The Quill e le sue varianti continuarono ad essere diffuse durante gli anni ‘90, almeno ad opera della prolifica Dorothy Millard, i cui giochi sono variazioni fuori schema del tipo “Sei bloccato”: il più curioso di tutti è ‘Yellow Peril’ (1994), in cui l’intero mondo è divenuto giallo. • Il 1993 fu l’anno dell’esplosione del World Wide Web, durante il quale crebbe esso con un fattore 3,000. Ma nel 1992, le pagine web personali esistevano appena, e sembrava non solo naturale ma inevitabile per chi produceva giochi di rivolgersi ad una libreria centralizzata, ovvero l’archivio ftp. L’importanza che ancora oggi riveste questo archivio è il frutto della solidarietà dell’odierna comunità.